Numero 24

A sette annni da un evento epico che non tutti conoscono

QUATTRO CIECHI ATTRAVERSO  LE COLONNE D’ERCOLE


Navigarono da soli nell’insidioso Stretto di Gibilterra



Giulio Rosi
di Giulio Rosi

Qualcuno li chiamava non vedenti, nella convinzione che questo termine addolcisse i problemi esistenziali di chi non ci vede. Ma loro preferirono tagliare corto con i pietismi e vollero essere chiamati ciechi. Anche perchè la mancanza della vista non gli impediva di compiere azioni e di svolgere attività che la maggior parte dei vedenti non saprebbe compiere, nè si sognerebbe di farlo. Quella di cui parleremo fu la prima di una serie di sfide e di vittorie sulla limitazione sensoria. Chi erano? O meglio, chi sono? Sono i “ragazzi” e le “ragazze” del Progetto Homerus, una iniziativa nata sul Lago di Garda per opera dell’ex velista Alessandro Gaoso. Il primo impatto con un gruppo di questi abili e coraggiosi naviganti avvenne nel 1999, quando stupirono il mondo attraversando, da soli, in barca a vela, lo Stretto di Gibilterra, l’inquietante passaggio fra Mediterraneo ed Oceano Atlantico percorso da micidiali correnti marine e noto fin dall’antichità come il mitico confine delle “Colonne d’Ercole”, oltre il quale si pensava che il mondo finisse. Loro, i ciechi, le hanno superate. Ed Alessandro Gaoso ha esultato di orgoglio. Questa inchiesta parte da quell’epica impresa, alla cui organizzazione in loco partecipò attivamente l’Associazione Italiani in Spagna, assieme al Console onorario d’Italia in Algeciras, Juan Ignacio Pedregosa, e che si concluse con un festoso ricevimento a bordo della Nave Scuola “Amerigo Vespucci”, della Marina Militare Italiana.

Tutto ebbe inizio con una telefonata alla sede di Malaga dell‘Associazione Italiani in Spagna. A rispondere fu la stessa presidentessa Paola Pacifici. Era il dottor Domenico Fimiani, Consigliere dell’ Ambasciata d’Italia a Madrid il quale - spiegando che si trattava di un’evento patrocinato dall’allora presidente del Consiglio D’Alema -  chiedeva la collaborazione per organizzare la traversata di un equipaggio formato da soli ciechi nello Stretto di Gibilterra. Va subito detto che non c’erano sponsor e che tutto doveva avvenire in forma gratuita. Dopo un primo istante di stupore, Paola Pacifici comprese che si trattava di una cosa straordinaria, ed immediatamente gli offrì il suo pieno appoggio. Come prima cosa bisognava prelevare i protagonisti all’aeroporto di Malaga, accompagnarli fino ad Algeciras, nell’estremo sud della Spagna, e successivamente organizzare in loco tutte le fasi dell’impresa, dalla ospitalità alla conferenza stampa, dal reperimento di una barca a vela all’appoggio logistico, fino al supporto della stampa, al trasferimento sulla Vespucci e al loro congedo all’aeroporto di Malaga. Il tutto ad appena tre giorni dall’evento.

La nostra intervista ad Alessandro Gaoso.

Per coloro che hanno pensato sui banchi di scuola che le Colonne d’Ercole fossero una invenzione mitologica o letteraria, è bene che sappiano che, anticamente, con le barche a remi o a vela esistenti, non si passava dallo stretto, ma si veniva sempre ributtati dalle correnti, dalle onde e dal vento nel Mediterraneo. “Studi oceanografici dell’Idrografico della Marina Militare Italiana e quelli meteorologici del Professor Pezzoli del Politecnico di Torino -  racconta Alessandro Gaoso - ci permisero di individuare un periodo nel quale, secondo dati storici, depositati negli archivi, le condizioni sarebbero state favorevoli per tentare l’impresa”.


Cosa volevate dimostrare?


Volevamo comunicare al mondo intero che i ciechi possono navigare da soli e superare le Colonne d’Ercole. E questo fu subito chiaro al Presidente del Consiglio D’Alema, che diede il suo benestare alla pratica, probabilmente con un “mi raccomando, mi interessa” rivolto ai suoi collaboratori. Ma lo intuirono subito anche la Marina Militare Italiana, la ditta Camozzi Spa di Brescia, le Cantine della Valtenesi e della Lugana, l’Ambasciata d’Italia a Madrid e i suoi collaboratori, il Viceconsole di Algeciras, l’Associazione Italiani in Spagna e solo per questo motivo si sono mossi tutti in modo attivo e fattivo, con entusiasmo e con generosità. Ma tutte le nostre previsioni a distanza furono sbagliate. Il vento già dal giorno 10 era di ponente e le previsioni francesi a 3 giorni (e queste non sbagliano) lo davano forte e in aumento fino a 30 nodi. Quindi vento, correnti e onde, tutto contro di noi. Sentivo gli dei esclamare: “Di qui non passerete!” Il giorno 10 siamo usciti per la prima volta con l’imbarcazione Gloria, che Paola Pacifici e il Console Pedregosa ci avevano procurato attraverso il Club Nautico di Algeciras.


Avevate la barca, ma poi cosa accadde?


La barca fu “vista” dai ciechi, toccata e studiata in ogni dettaglio e provata prima a tutta randa e, man mano che uscivamo dalla baia e il vento rinforzava, con una mano e poi con due mani di terzaroli. Venti, con punte di 25 nodi al traverso, tendenzialmente con rotta 190°, ma con variazioni di bolina e lasco per segnare le scotte, cucendovi dei fili, allo scopo di ritrovare le regolazioni studiate e provate. Poi, il ritorno con virate e strambate per impratichirsi del mezzo. Stanchi, ma contenti, rientrammo. Le notizie negative che mi inviava il professor Pezzoli, consigliandomi di rimandare la prova ad altra data, le tenni per me, e, quella sera, mi misi a studiare e a rivedere tutti i documenti delle condizioni meteo e oceanografiche che avevamo studiato, confrontandole con l’esperienza del pomeriggio, che mi aveva mostrato le condizioni reali dello stretto. Sapevo poco però, delle condizioni ad est della rupe: solo quanto dettomi dai locali, il che non mi serviva a molto, perchè tutti parlavano di condizioni continuamente variabili.


Quali erano oggettivamente le maggiori difficoltà?


Sugli studi effettuati non dubitavo e volli complementarli con rilevamenti in loco. La sera stessa e il mattino successivo, mi recai di buon ora in diversi punti della scogliera ad est di Gibilterra con gli strumenti del caso e raccolsi molte informazioni, sui venti e sulle onde. Per la misurazione delle correnti mi ero attrezzato di una potente fionda e di galleggianti colorati che lanciavo in mare e, controllandoli con un binocolo, ne misuravo gli spostamenti. Alle ore 10 del giorno 11 eravamo ancora sul Gloria per la seconda e ultima uscita di prova. Il ponente era aumentato: 25 nodi con punte di 30, ma i ragazzi governavano la barca ed eseguivano tutti gli ordini alla perfezione. Era il momento giusto per avvertirli che queste sarebbero state le condizioni anche del giorno seguente, il fatidico 12 di luglio. Avevo osservato il giorno prima dagli scogli e successivamente dall’imbarcazione, che dalle ore 6 del mattino il vento continuava ad aumentare fino al pomeriggio e anche oltre e quando, la sera del 11 luglio, arrivò Giulio per pernottare nell’imbarcazione che Manolo (il proprietario) non voleva lasciare incustodita nel porto di partenza di Atunara, perchè circondato da loschi contrabbandieri, il vento era tanto forte che Giulio Comboni diede all’evento il 30% di probabilità di riuscita.


Non avete mai pensato di arrendervi?


Mai. Io ero ad Algeciras con i ragazzi, che erano già diventati le stars dell’albergo. Dissi loro tutto, anche le mie preoccupazioni e conclusi con la frase: “Voi avete già vinto! Domani chi può perdere sono solo io”. Ma Luigi mi rispose subito: “Vedrai Sandro che ce la faremo anche con il ponente.” Mi accorsi che avevo bisogno di questa iniezione di ottimismo, ma soprattutto di sapere che i ragazzi non temevano nulla e, rimessi in ordine tutti gli studi, i rilievi e le osservazioni, decisi di cambiare il piano di navigazione e di partire almeno un’ora prima di quanto comunicato a tutte le Autorità, alla Vespucci, alle Capitanerie, ai fotografi e ai giornalisti. Così alle ore 8 locali del 12 luglio 1999 (ore 6 di Greenwich), si salpava da Atunara con una meravigliosa brezza di terra. Grazie all’autorizzazione concessa alla Vespucci di conversare con Homerus sul canale 72, comunicammo che avevamo salpato e stavamo uscendo dal porto. E la risposta tempestiva fu: “Vi vediamo!”.  Nel rispetto delle previsioni dei locali, abbiamo navigato con dei venti che saltavano continuamente, proveniendo da nord, da ovest e anche da est, ma per fortuna non erano di forte intensità, salvo alcune raffiche improvvise che soffiavano dall’alto della rupe e che, la prima volta, colsero di sorpresa il Gloria prontamente richiamato da Luigi.

“Finchè giungemmo a quella foce stretta dove Ercole pose li suoi riguardi”.
Appena messo il naso fuori dalla rupe il ponente ci investì, dichiarandosi subito per intensità e direzione; ma lo conoscevamo già dal giorno precedente e perciò non ci fece paura. La barca navigava per 230° ed aveva potenza da vendere.
Dietro, sul gommone della Guardia Civil, ad ogni onda facevamo una doccia.
Io non ricordo se l’acqua fosse salata; guardavo quella imbarcazione che, ad ogni onda, procedeva sicura verso la vittoria e pensavo quali difficoltà dovevamo prevedere ancora.


Evidentemente le difficoltà non erano finite.  Come ne veniste fuori?


Attraversammo la linea delle Colonne d’Ercole, ma non si poteva ancora gioire, perchè, se qualcosa nella virata fosse andato male, saremmo stati ributtati all’indietro, come voleva la leggenda. I naviganti dovevano rimanere concentrati e continuare ancora a lottare. E allora avanti, senza dire nulla, onda dopo onda, finchè giunse il momento di virare. Gigliola era alla scotta del fiocco di sopravvento; Raul a quella di sottovento; Giovanni alla randa e Luigi al timone. Al via, lo stopper di Raul, che bloccava la scotta del fiocco non si aprì, perché la scotta era stata troppo tesa dal forte vento e fu necessario prima cazzarla con il winch per poter aprire lo stopper e poi filarla, completando così la virata. Quando vedemmo il fiocco a collo, fu un attimo di panico per noi, che dal gommone osservavamo le manovre; ma ancora una volta i ragazzi si dimostrarono preparati e all’altezza della situazione. L’applauso nostro fu spontaneo e le sirene della Guardia Civil iniziarono a suonare ripetutamente e a lungo.
I ragazzi alzavano le braccia che sembravano essere molte più di otto e salutavano, esultando. Io guardai Giulio e lo salutai con il pugno alzato. Era la prima volta nella mia vita che alzavo il pugno in segno di vittoria; mi sentii improvvisamente libero e scarico dalla tensione dei giorni passati; piangevo, ma nessuno se ne accorgeva perché le onde continuavano a bagnarmi. Da Gibilterra si staccò prima un gommone della polizia e poi altri due che ci circondarono, temendo si trattasse di contrabbando, ma sentito che si trattava di Homerus si fermavarono ad ammirare. La Guardia Civil sul nostro gommone si era incantata, quasi fosse un disco rotto, a ripetere: “Fenomenal! Fenomenal!”


Come venne accolto questo successo?


Chiamai sulla Vespucci il comandante Francesco Rizzo di Grado e di Premuda e gli dissi: “Alle ore 9.30 del 12 Luglio 1999 la imbarcazione Gloria , governata autonomamente da 4 ciechi italiani, ha superato le Colonne d’Ercole. A Lei, comandante, l’onore di comunicarlo al mondo.” Seguirono parole di encomio del comandante, che promise di divulgare la notizie, aggiungendo: “scriverò l’evento nel libro di chiesuola, che rimarrà così nella storia della A.Vespucci e negli annali della Marina Militare Italiana.” Qualche minuto dopo telefonai la notizia anche a Maurizio Crosetti, inviato speciale del giornale “La Repubblica”, che si trovava con un numeroso gruppo di persone italiane e spagnole in attesa di salire sulla Vespucci e la loro esultanza giunse, via telefono, fino a noi, ma forse anche fino in Italia perché da questo momento il mio cellulare non cessò più di suonare. Nel porto di Algeciras, prima di attraccare, alle ore 12.30 fummo circondati dai motoscafi dei cineoperatori spagnoli, che non si erano fidati ad uscire in mare per ... , come ci spiegarono, ... non rovinare le attrezzature. Un piccolo gruppo di persone sul molo ci accolse e ci applaudì. Tutti gli altri si trovavano sulla Vespucci. Giulio e Juan ormeggiarono il Gloria e io lo addobbai con il Gran Pavese. A poppa (e per tutto il percorso) sventolava la bandiera italiana e, sulla sartia di destra quella spagnola, in segno di cortesia. Appena possibile, con una lancia del circolo, raggiungemmo anche noi la Vespucci e fu un tripudio: i ragazzi salivano singolarmente la scaletta ed era come sfilassero in passerella. Venivano acclamati per nome ed onorati dal comandante, dall’equipaggio e da tutti i 50 ospiti. Giunto anch’io in cima alla scaletta , dopo il saluto alla bandiera, fui onorato da un lungo abbraccio del comandante Rizzo, il quale, in risposta al mio invito di ringraziare la Marina Militare Italiana aggiunse: “Penso che sia la Marina a doverle dei ringraziamenti.” Le emozioni si succedevano ad ogni saluto, finché mi abbandonai per qualche istante tra le braccia di mia moglie, che, umilmente, in disparte, aveva atteso il suo turno, sapendo di essere l’unica in quel momento capace di darmi tranquillità. Chiusi gli occhi e appoggiai per un attimo la testa sulle sue spalle respirando profondamente.


Come si concluse l’avventura?


Con tutti i rituali che meritava. Sante Bonomo e Dino Chiappini delle Cantine della Valtenesi e della Lugana affidarono alle acque della baia una bottiglia del Bacco di Homerus, contenente il premio di una settimana di vacanza gratuita sul Garda per due persone per colui che avesse ricuperato il messaggio. Fu anche deciso di realizzare una bottiglia celebrativa del Bacco di Homerus riportante il logo della Vespucci e le firme del Comandante e del sottoscritto. A rappresentare i ciechi italiani era presente il Presidente della Unione Italiana Ciechi di Milano Mario Censabella, anch’egli cieco, che ha portato i saluti del Presidente Nazionale Tommaso Daniele impossibilitato a partecipare, non nascondendo l’orgoglio per ciò che i ciechi avevano saputo fare. La sera, presso l’Hotel Reina Cristina, cena di gala offerta del Presidente del Consiglio D’Alema, presente il Consigliere della Ambasciata Italiana di Madrid, dottor Domenico Fimiani e numerosi consoli e altre autorità. L’organizzazione, impeccabile, era stata curata da Paola Pacifici e Giulio Rosi della Associazione Italiani in Spagna. Nel corso della festa l’espansiva Paola, nel suo saluto di commiato, ebbe a dire: “Questa sera sono orgogliosa di essere italiana”.  E in realtà lo eravamo tutti.